smell atelier educazione olfattivaL’educazione olfattiva è una disciplina che meriterebbe maggiori riflessioni in termini sia teorici che di metodologia pratica. Di certo non è finalizzata alla formazione di professionisti nell’analisi sensoriale o di profumieri, anche se è un utile completamento a queste attività.
Il suo scopo è promuovere un uso più consapevole dell’olfatto come straordinario strumento di conoscenza e lettura del mondo.
Trattandosi di un percorso formativo che fino a pochi anni fa non era nemmeno contemplato, verrebbe spontaneo far riferimento a metodologie didattiche tipiche dei settori professionali in cui l’olfatto trova impiego. I futuri sommelier, enologi, profumieri, birrologi e degustatori si allenano a riconoscere particolari aromi e sentori annusando ripetutamente un certo numero di sostanze. Si tratta di un vero e proprio addestramento estremamente mirato e ristretto al settore prescelto.

La scienza dimostra che diventiamo più sensibili verso un odore dopo averlo sentito diverse volte. Quindi, più odori sentiamo e più la nostra capacità di riconoscerli e identificarli si perfeziona.

Ciò detto, volendo passare dal piano dell’addestramento a quello più ampio dell’educazione olfattiva, l’importanza degli esercizi di riconoscimento degli odori andrebbe un po’ ridimensionata. È sempre gratificante riuscire a identificare ciò che sentiamo (“è gelsomino!”), ma questo tipo di allenamento non ci assicura buoni risultati nel momento in cui usciamo dalla gamma di odori che conosciamo e abbiamo memorizzato. Questo è tanto più vero nell’ambito del profumo dove le molecole e le sostanze utilizzate sono praticamente infinite molte delle quali non presenti in natura.

Spesso ci si aspetta che un naso educato debba essere incredibilmente abile a riconoscere gli odori, per non dire infallibile. Una specie di “naso assoluto”. In realtà il suo talento non è questo, ma la capacità di sentire in modo più ricco e articolato, nonché di utilizzare un linguaggio preciso e al tempo stesso evocativo per comunicare le proprie percezioni. Può sembrare poco ma l’ostacolo linguistico è un tema molto noto nell’ambito degli studi sull’olfatto. Così come non è affatto scontato riuscire a captare innumerevoli note odorose in un vino o in un profumo.
Se un sommelier o un enologo si fanno strada nella complessità per produrre un’analisi il più possibile oggettiva di quanto stanno sentendo, chi punta a uno sviluppo generale del senso dell’olfatto ha facoltà di elaborare e interpretare l’universo degli odori permettendo loro di entrare in risonanza con la propria galassia personale, sociale, culturale. Nel primo caso stiamo analizzando aromi e profumi in quanto fenomeni in sé, nel secondo caso stiamo utilizzandoli come chiave di lettura di noi stessi e del mondo.

Poiché non esiste una pratica sensoriale dissociata da quella cognitiva, dobbiamo accettare che l’esercizio di annusare si accompagni sempre allo sforzo di dare senso a ciò che sentiamo coinvolgendo anche le nostre emozioni. Di questa attività si occupa l’educazione olfattiva con l’obiettivo di accrescere il pensiero e l’immaginazione olfattiva allo stesso modo in cui l’educazione visuale ci consente di affinare il pensiero visuale (cifr. Rudolf Arnheim) e l’educazione al sonoro stimola l’intelligenza musicale (cif. Edgar Willems). Tutte queste pratiche arricchiscono l’essere umano e ne favoriscono il pieno sviluppo personale e creativo. Anche se non hanno necessariamente un contatto con il piano professionale, rappresentano un indiscutibile arricchimento per quanti lavorano con il proprio olfatto e desiderano superare l’approccio meccanico e prestazionale, per cercare una propria cifra espressiva.


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