In una classe delle scuole primarie dove ho svolto un laboratorio didattico, un bambino sikh veniva stigmatizzato per il suo odore di canfora, un’essenza che non solo aiuta a tenere lontani i parassiti, ma nella cultura indiana è considerata piacevole, preziosa e sacra. Se qualche principessina Disney fosse indiana, probabilmente si profumerebbe proprio con questa essenza! La canfora è tutt’ora molto usata in oriente come ingrediente in cucina e nei profumi. A noi, invece, ricorda l’odore dello spray che libera il naso quando abbiamo il raffreddore o altri medicinali dal potere fluidificante e decongestionante. È dunque un aroma gradito quando stiamo poco bene, ma ci risulta piuttosto invadente e fastidioso fuori dal suo abituale contesto.
La nostra percezione di un odore cambia infatti da situazione a situazione.
Se entriamo in farmacia e sentiamo un odore fenolico e medicinale, quasi non ci facciamo caso, perché si tratta dell’odore giusto nel posto giusto. Lo stesso odore diffuso in una cucina attirerebbe invece subito la nostra attenzione mettendoci in allarme.
Il punto è che l’olfatto ha un particolare talento nell’individuare l’elemento fuori posto. Magari non riconosciamo un odore dall’altro, non ci viene la parola quando vogliamo dare un nome a ciò che sentiamo, però siamo bravissimi a percepire ogni più piccolo cambiamento nel nostro ambiente olfattivo.
Senza alcuna intenzione o azione cognitiva consapevole, la nostra attenzione si attiva:
– appena un odore nuovo fa la sua comparsa in una situazione familiare,
– quando un odore conosciuto viene presentato in una situazione diversa da quella abituale
– quando una modificazione del nostro stato psico-fisico (per fame, rabbia, indisposizione, innamoramento ecc.) ci porta ad assegnare un valore diverso a certi odori.
Ricordo per esempio che mia figlia si rifiutava di entrare nella stanza di un hotel dove aleggiava un vago sentore di candeggina lasciato dagli addetti alle pulizie. Era per lei una presenza intollerabile non solo perché sgradevole in sé, ma perché rendeva irriconoscibile il suo ambiente, la sua stanza, il luogo con cui aveva imparato a familiarizzare.
Questa attitudine a focalizzare la nostra attenzione sugli odori estranei che introducono una rottura rispetto alle nostre aspettative, sta anche alla base della discriminazione che spesso esercitiamo verso persone o gruppi sociali.
L’istinto di conservazione ci spinge isolare e temere ciò che non trova né un riscontro né un senso in un certo contesto. Ma le misure difensive vengono meno quando l’odore estraneo riesce ad affascinarci e attirare la nostra curiosità. Basti pensare a come, nel corso dei secoli, abbiamo attraversato in lungo e in largo il pianeta, affrontando ogni rischio, pur di impossessarci di odori inediti quali tabacco, spezie, cacao, resine, fiori, frutti bizzarri, meraviglie botaniche, aromi animali, e altre amenità. Possiamo davvero dire che a muovere le grandi conquiste geografiche del passato fu la ricerca di nuovi lussi olfattivi. Queste merci aromatiche arrivavano sui nostri mercati accompagnati da leggende circa la loro provenienza e l’impiego che se ne faceva in terre esotiche. Erano narrazioni che predisponevano il pubblico a percepire il fascino di odori così diversi da quelli conosciuti rendendoli preziosi e particolarmente ambiti come elementi di distinzione.
Chiunque si avvicini all’estetica dell’olfatto e del profumo dovrebbe sempre tenere a mente questa singolare attrazione dell’olfatto per ciò che è diverso. Per essere “interessante”, un odore ci deve porre implicitamente degli interrogativi. Metterci cioè di fronte a un’incongruenza che possiamo risolvere solo allargando la nostra capacità di comprensione delle differenze.
I percorsi volti ad aumentare la nostra consapevolezza olfattiva, favoriscono l’elaborazione della complessità e attivano un immaginario che resterebbe altrimenti tristemente inespresso o appiattito sui soliti luoghi comuni.
Questo provo a fare nei miei corsi, e in particolare in quello di Empowerment olfattivo, attraverso esercizi che si ispirano alle più recenti scoperte su quest’organo di senso. Se proposte con una certa continuità anche nelle scuole, simili attività darebbero ai bambini strumenti nuovi per elaborare le differenze culturali giocando proprio con una sfera sensoriale che influenza, spesso subdolamente, le dinamiche sociali.