AFFERRARE L’EFFIMERO
Articolo di Francesca Faruolo pubblicato sulla rivista Il Mulino n° 6/2011
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[…] trasformare la percezione soggettiva in un’avventura culturale, acquisendo terminologie, appropriandosi di pratiche, ma soprattutto costruendo il proprio linguaggio immaginifico teso a “far sentire ciò che si sente”, prima di tutto a sé stessi. L’educazione olfattiva diventa allora un’educazione dell’animo che, senza negare le pulsioni del corpo, sa liberarsi dai suoi vincoli coltivando l’odorazione e l’adorazione della vita.
PROFUMI IN MUSICA
Articolo di Francesca Faruolo per Magazine della Filarmonica di Bologna n° 9/2015
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Nell’ultimo scorcio del XIX secolo udito e odorato hanno ormai sancito la propria affinità elettiva, rafforzata dalla loro distanza dall’organo sensoriale prediletto dalla ragione e dalla scienza, ovvero la vista. Quando nel 1871 si tenne a Bologna la prima nazionale del Lohengrin di Wagner al Teatro Comunale il successo fu così folgorante che si pensò bene di associare a quest’opera una fragranza creata per l’occasione e chiamata appunto Lohengrin. Nelle sue note odorose riecheggia il momento in cui il protagonista dell’opera wagneriana si rivolge ad Elsa dicendo: “Non respiri tu con me i dolci profumi? Oh! Come grati essi inebriano il senso! Misteriosamente essi s’appressano attraverso l’aria, al loro incanto io mi concedo senza domandare…”
IN PERÙ, TRA SCIAMANI E LABORATORI D’ESSENZE
Articolo di Francesca Faruolo per D Repubblica 14/07/2012
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Nelle terre del Rio Ucayali, un creatore di fragranze francese incontra gli uomini di medicina shipibos. E scopre uno dei più promettenti aspetti del profumo: il suo potere psicoattivo.
BAH, LA REALTÀ! (Zanardi, naso impertinente)
Articolo di Francesca Faruolo e Andrea Plazzi pubblicato in: Andrea Pazienza, “Zanardi 2. 1984-1988”, Fandango Libri 2008
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Il tema del naso, come ha spiegato Bachtin, è un motivo che si ritrova nel linguaggio e nell’arte popolare di diverse epoche e culture. La sua caratteristica universale è quella di mettere in discussione i confini tra “dentro” e “fuori” e quindi di prendersi gioco del canone del corpo “perfettamente dato, formato, rigorosamente delimitato, chiuso, mostrato dall’esterno, omogeneo ed espressivo della sua individualità.” Zanardi evoca perciò un immaginario ben preciso legato a motivi grotteschi, triviali, osceni e contrari alla morale che animavano i racconti popolari, le farse carnevalesche e che sono sopravvissuti nelle fiabe per bambini.